Riforma fiscale vs management di Terzo settore

Dal 1 luglio è entrata in vigore la riforma dello sport nella parte riguardante il lavoro sportivo, un giorno importante, epocale, comunque la si voglia vedere.
In questi movimentati mesi in cui ci si avvicinava animatamente alla data di attuazione ho pensato e riflettuto su alcuni approcci che, dal lato operativo di chi conduce organizzazioni sportive, tendiamo ad avere.

Teniamo sempre in considerazione che, per chi ha l’ambizione di occuparsi anche di terzo settore, dal 2017 siamo nel pieno del percorso di attuazione anche della specifica riforma del terzo settore.

In questo particolare momento di cambiamento ho sviluppato consapevolezza sul mio approccio tremendamente spostato dal lato management, ovvero sulla ricerca di un modello di azione dei progetti su cui possa essere ricercata la “veste” fiscale/giuridica più adeguata per condurlo. Più o meno corretto o limitato, è una modalità.

Noto però che, nella maggior parte dei casi, nel contesto sportivo e sociale, l’attenzione principale è sul sistema regolamentativo. Prima comprendo le regole per evitare di infrangerle, poi dentro a quei confini capisco che tipo di progetto fare. L’attuazione del percorso progettuale è quindi secondaria, segue la ricerca del “meccanismo regolamentativo” migliore.

Mi sono chiesto quali siano le motivazioni che spingono a questo approccio e mi sono dato alcune risposte:

  • politica della”paura/punizione”: “Attento perché se sbagli sono rogne!”, legata anche all’insicurezza di chi solo per diletto si occupa di sociale e sport costringe le persone a dedicare le priorità di tempo, di energia e di attenzione alla parte fiscale
  • paura del fallimento: Siamo in un contesto in cui il fallimento di idee progetti ed attività viene visto come una sconfitta e pertanto punito. L’incentivo alla riprogettazione dopo gli errori è molto basso, penso quindi che questo possa portare a giocare in difesa, all’evitare di subire più che ad orientarsi alla spinta e alla propositività.
  • assenza di direzione e scopo: Perché le persone hanno associazioni, costituiscono imprese, operano nel sociale e nello sport? Quale cambiamento vogliono portare alla propria comunità? Due di tante domande, slegate dalle dimensioni fiscali, che con le giuste risposte aiuterebbero a lavorare e investire tempo per trovare e perseguire prioritariamente direzione e scopo
  • timore del cambiamento: il cambiamento spaventa, da sempre, anche in questo caso vivere un’evoluzione storico sociale può essere anche un’opportunità ma tendenzialmente l’approccio è quello di riorganizzarsi per tornare a fare come prima.
  • comfort: Ognuno di noi è attratto dal proprio comfort, dalla cose in cui si sente più a suo agio. Penso quindi che anche mettersi con tutte le proprie energie all’interno della comprensione del funzionamento fiscale delle riforme sia un modo per stare in una propria zona di comfort, in cose che, seppur poco entusiasmanti e con un risvolto anche costoso, riguardino tematiche già affrontate in passato con cui ci si sente più confidenti rispetto a argomenti come, ad esempio, la progettazione manageriale di 3° settore.

Fammi sapere nei commenti i tuoi pensieri al riguardo e se hai altre evidenze da aggiungere.

Io predico la cultura del management sportivo di 3° settore che crei la nuova sicurezza nei propri mezzi e nelle proprie capacità individuali e di team. Tale approccio prevede di dedicare del tempo all’informazione/formazione personale e del proprio gruppo di collaboratori. La fiscalità è rilevante ma è una delle tante parti da curare che va immaginata al servizio degli scopi sociali dei progetti e dei gruppi.

Diffondere il seme della progettazione, della cultura e dell’informazione su sport e terzo settore può essere una nuova missione per un Angel all’interno delle proprie comunità.

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19 dicembre 2024