Cercasi “garzoni” manager per progetti di sport sociale
Indice
- Premessa: La pratica nello sport
- Lavoro e stagista
- La pratica manageriale
- La pratica manageriale per lo sport sociale
- Le resistenze interne all’azione
- Stage di pratica come soluzione
- Conclusioni
Premessa: La pratica nello sport
Esiste un meccanismo dell’apprendimento tipico della gestualità sportiva fortemente basata sulla ripetizione dei gesti tecnici.
Facendo riferimento ad uno sport ciclico come la corsa o il nuoto, la gestualità si ripete infinite volte e, indipendentemente dalla bontà della nostra esecuzione, per muoverci lo ripetiamo incondizionatamente infinite volte. Dal momento in cui dobbiamo inserire un correttivo al gesto automatico, arriviamo a dover prestare attenzione alla singola esecuzione. Ma poi, dopo cicli ci ripetizioni ecco che automatizziamo la nuova gestualità. Non solo, tramite il complesso e intelligentissimo palinsesto del nostro sistema nervoso, alcuni accorgimenti di ottimizzazione avvengono senza che la nostra capacità di attenzione riesca a processarli. La pratica insomma, agisce in autonomia sul creare accrescimento, miglioramento, efficacia.
Negli sport ad alta componente tencica come, ad esempio la ginnastica artistica, molti allenatori basano il consolidamento degli elementi tecnico-acrobatici, sul numero minimo di ripetizioni del gesto in allenamento. Se voglio imparare, migliorare e perfezionare la “Ruota” dovrò ripeterla, magari in modalità differenti, un elevato numero di volte in allenamento.
Il corpo, il cervello, utilizzano la pratica per apprendere. Un processo che utilizza i segnali di ritorno dell’esperienza. Migliorare un salto acrobatico avviene per fasi, per somma di tentativi dove, ogni singolo salto è strumento di apprendimento perchè restituisce al corpo retro-informazioni.
Molti allenatori ed atleti si filmano e si riguardano per cogliere segnali importanti nella costruzione del successivo gesto migliorato.

Lavoro e stagista
Ogni generazione di lavoratori penso possa avere anedotti e racconti su come avveniva lo “svezzamento” lavorativo “ai suoi tempi”. Il Garzone che aiutava l’artigiano, il “bocia molta” che dalle mie parti sta ad indicare il ragazzo che aiuta i muratori nel fare la malta con acqua e cemento, a tenerla viva per poi portare i secchi ai muratori. Nel mondo dei professionisti ci sono i praticanti che, per alcune professioni sono obbligati a documentare un periodo di apprendistato. Tra gli anni 90 e 2000 c’è stata l’esplosione degli Stage lavorativi che hanno poi aperto la strada all’alternanza scuola lavoro fino dalle scuole superiori.
Tutti segnali che sottolineano di come la pratica sia necessaria e fondamentale per costruire esperienza in questo caso professionale settoriale. Fondamentale per determinare il SAPER FARE. Anche quando poi si sceglie di cambiare il proprio ambito di azione l’esperienze maturate lasceranno comunque un arricchimento ed un set di competenze utili e spendibili anche in altri ambiti della propria vita personale e lavorativa.
Anche quando si accoglie un collaboratore, nel processo di selezione l’avere già “esperienza” è un dato rilevante che incide sulla scelta di attivare la collaborazione.
La pratica manageriale
Arriviamo ora all’argomento dello sport, dell’Innovazione Sportiva, del management sportivo sociale. Ci sono tantissime nozioni che possiamo elencare tra i saperi utili, necessari, fondamentali per poter attuare il Management Sportivo sociale.
Oggi esistono percorsi di studio che stimolano a prepararsi per gestire azioni ed attività all’interno del mondo dello sport. Si parte da scuole superiori ad indirizzo sportivo, fino ad arrivare a master in Management dello sport e a corsi privati di perfezionamento.
Sono certo che il livello medio di ognuno di questi percorsi sia di estremo valore così come difficilmente sbaglio nel credere che molti studenti si trovino poi nella necessità e allo stesso tempo difficoltà di agire la pratica di ciò che imparano, di trovarsi in processi di attuazione adeguati per generare quell’apprendimento che solo la pratica riesce a garantire.
Negli anni ho notato un forte sbilanciamento a favore della teoria, del pensiero. Si tende a procrastinare la pratica. Nell’evoluzione sociale, con tutto il rispetto per l’utilità di approfondimenti e di studi delle basi teoriche, nella vita di una persona, il tempo investito nello studio e nella specializzazione è sempre maggiore e gli studi stessi sono prevalentemente teorico/nozionistici. Se negli anni passati lo sbilanciamento era estremamente a favore della pratica come canale di finalizzazione qualitativa del percorso formativo e il praticante artigiano iniziava ad imparare il mestiere dopo la scuola media solo tramite l’esempio dei più grandi, oggi siamo all’estremo opposto.

La pratica manageriale per lo sport sociale
Dopo queste introduzioni di tipo generalista, vado nello specifico del Management sportivo sociale, riportando alcune considerazioni relative all’utilità, necessità, rilevanza di trovarsi nell’applicazione pratica.
- contatto con il bisogno
nel sociale ho imparato a definire il “target” di progetto BENEFICIARIO, colui che beneficia del valore che il mio progetto genera. La pratica mi porta a parlare con lui/loro, a entrare in contatto reale con il bisogno che ha/hanno che, spesso, tocca elementi molto delicati delle condizioni in cui le persone si trovano a vivere. Praticare questo contatto, questa relazione, è rilevante, dà un peso ai testi e ai manuali letti su argomenti tipo il social business model. - rapporto con la dimensione della creazione del valore
come facciamo a sapere se il nostro progetto offre, crea, realizza un valore per i BENEFICIARI. Se è adeguato per loro, se è alla loro portata… vivendo l’azione progettuale in prima persona, a contatto con l’applicazione delle azioni. - la ricerca quotidiana delle sostenibilità
Il tema della sostenibilità è posto come anello debole del percorso di proposta, erogazione, attuazione, dei progetti sociali. Senza nascondersi è uno dei motivi che allontana i professionisti dall’applicarsi professionalmente ai progetti sociali. Spaventa la possibilità, il rischio che si fatichi a generare una dimensione economica capace di ripagare gli sforzi e remunerare adeguatamente la propria professione. Io ho scelto di vivere questo elemento come una SFIDA. Qui dentro c’è, per ogni progetto a suo modo, la risposta manageriale. Solo un contatto quotidiano con l’attuazione del progetto potrà darci risposte. Trovarsi in action ci metterà a contatto con entrambe le sostenibilità da ricercare, quella sociale e quella economica. Solo l’allineamento di entrambe potrà garantire il successo del nostro progetto. - Il fare realizza
Detesto i proclami, prendo le distanza dagli oratori senza esperienza sul campo. Penso che tra le cose più difficili al mondo ci sia quella di mettere a terra un’intenzione. Solo chi lo fa e/o lo ha già realizzato può comprendere questo elemento. Quindi prima ci mettiamo in azione maggiori saranno le possibilità di comprendere quanto sia faticoso attuare un’intenzione. Con la pratica possiamo essere l’esempio di ciò in cui crediamo e che proclamiamo. - Mentre agisco la pratica creo e riformulo
Trovarsi nel processo di realizzazione anche di una prima idea embrionale, può essere rilevante per stimolare la creazione di step o rimodulazioni dell’idea originale. Agire stimola la creatività e l’ideazione continua. - Valorizzo il feedback
Con la pratica possiamo dare valore al tempo investito. L’esempio che posso fare è la costruzione dell’areoplanino di carta. Ho il mio schema di pieghe del foglio ma il prima possibile lo lancio per vedere se e come vola. Il sistema di pieghe utilizzato è un tempo investito per comprendere se salvare il modello e agire su nuove pieghe per migliorarlo (aggiungo gli alettoni, curvo un po’ le ali…) oppure se accantonare quel sistema, prendere un nuovo foglio e generare un diverso modello di areoplanino. Ma senza la prima realizzazione difficilmente avrei la medesima consapevolezza. Cimentarsi in un’esperienza di management sociale prende valore se si prosegue. Questo vale a prescindere dall’esito del primo tentativo, le risposte in ambito sociale sono solo feedback e sono funzionali a trovare le soluzioni migliori per le persone che continueranno ad avere bisogni indipendentemente dall’efficacia dei nostri progetti.
Le resistenze interne all’azione
Credo quindi che sia giusto chiedersi perchè sono così poche le persone che si mettono in un percorso di attuazione pratica del management sportivo sociale. Le principali risposte che mi sono dato raccogliendo alcuni feedback durante il mio percorso di divulgazione sono:
- conflitto tra il fascino di seguire una vocazione e l’assenza di informazioni pratiche sul come fare, dove partire, come agire i primi passi.
- la nostra e vecchia cara “paura del fallimento”. Sempre pronta a minare vocazioni e desideri ambiziosi
- l’assenza di certezze nell’approccio manageriale arricchito dalla convinzione che occuparsi di sport sociale significhi rinunciare a successi e ricavi professionali
- incapacità di gestire l’emozione del rischio di impresa (identica e presente anche in chi rinuncia ad avviare progetti personali profit)
- bassa conoscenza e consapevolezza degli strumenti manageriali
- scarsa informazione e formazione di settore
- Incapacità di saper proiettare nel tempo il successo, di saperlo costruire pazientemente.
- Azione basata solo sullo schema della progettazione e non sul il modello imprenditoriale

Stage di pratica come soluzione
Tra i miei obiettivi personali c’è il desiderio di contribuire, nel mio piccolo, a favorire soluzioni per attivare azioni capaci di generare valore sociale attraverso lo sport. Per questo ho elaborato le informazioni che vi ho appena raccontato e ho ideato una modalità che possa facilitare il più possibile l’attivazione di manager sportivi sociali.
La mia proposta è lo stage di pratica di management sportivo sociale.
Una proposta che mira a disinnescare il più possibile le principali obiezioni e resistenze interne dei manager sportivi che ambiscono a mettersi in gioco nell’ambito sociale.
Difficilmente saprò azzerare tutte le resistenze al mettersi in azione, quanto meno nel breve termine, ma sicuramente potrò facilitare, avvicinare, rendere più reale la dimensione di attuazione e le relative sensazioni personali di efficacia sociale.
Sappiamo bene che tutti agiamo stimolati dai “premi” dalle “ricompense”, la dopamina che il nostro corpo produce nel momento in cui vive la ricompensa è una sostanza potentissima che possiamo valorizzare anche per godere della soddisfazione di esserci messi in atto, della gioia di percepire anche solo per qualche secondo un primo riscontro derivante dalla nostra azione pratica di management.
Vivere l’efficacia sociale è una ricompensa inebriante e lo stage di pratica, a mio parere, può davvero portare in questa dimensione l’innovatore sportivo.
Conclusioni
Anticiperei le sperimentazioni pratiche nell’età di un individuo per garantire una pronta esperienza soprattutto in ambito manageriale sociale, c’è forte bisogno di azioni migliorate, di riprogettazioni sempre più efficaci, di progetti consolidati che sovvertano le percentuali di prime progettazioni nate come tentativi di ottenere finanziamenti sulla base di intuizioni e promesse ancora da verificare.
Il sociale è un’urgenza costante, lo sport sociale pensato e attuato con logica manageriale può diventare uno strumento strutturale per offrire soluzioni ad alcuni dei bisogni delle persone.
La strada della pratica è obbligatoria per arricchire il sistema del welfare sportivo.


