Welfare partner VS sponsorizzazioni sportive

Come cambia il rapporto tra imprese e organizzazioni sportive nell’era dello Sport Welfare

Indice

Introduzione

Ho ricordi molto vivi degli striscioni appesi alla recinzione del nostro campo sportivo quando, da bambino, giocavo a calcio in una delle tante società di quartiere. Si trattava magari di realtà più o meno grandi in cui lavoravano genitori o dirigenti della società.
A me bambino sembrava una cosa grandiosa che la mia squadra avesse gli sponsor. Quando iniziai a lavorare nello sport la logica era più o meno la medesima, mi spiegarono il principio che strizzava l’occhio a verificare come attivare una raccolta fondi tra genitori e amici della squadra. L’affissione era una modalità di scambio, si restituiva la cortesia della donazione con l’affissione dello striscione.

Oggi che ho il piacere di occuparmi di sport sociale, ritengo utile riflettere su nuove potenzialità che il dialogo tra sport e territorio potrebbe avere ragionando su nuove modalità con cui organizzare lo scambio di valore.

Sponsorizzazione sportiva di quartiere: un modello in affanno

Per anni, anche nelle realtà sportive di quartiere, la sponsorizzazione è stata la principale forma di sostegno economico. Il bar sotto casa, l’impresa locale o il negozio di articoli sportivi contribuivano alle attività della società in cambio di visibilità: il logo sulla maglia, un banner al campo, una menzione sui social. Un modello semplice, concreto, che ha permesso a molte associazioni di crescere e sopravvivere. Ma oggi mostra i suoi limiti.

La logica alla base resta quella commerciale: un soggetto economico investe risorse per ottenere un ritorno d’immagine. Tuttavia, in un contesto in cui la comunicazione si è frammentata e l’attenzione delle persone si è spostata su canali digitali sempre più saturi, questa forma di visibilità ha perso gran parte della sua efficacia. Il logo sul campo non basta più per “parlare” alla comunità, e i post sponsorizzati non generano la stessa connessione emotiva che un tempo nascevano dal contatto diretto tra impresa e territorio.

Inoltre, è sempre più difficile misurare il valore reale generato da una sponsorizzazione locale. Quante persone si sentono davvero più propense a scegliere un’azienda perché sostiene una squadra del quartiere? Quanti genitori o atleti percepiscono un legame autentico tra il brand e la comunità sportiva? Spesso, la sponsorizzazione resta un gesto di cortesia, non una scelta strategica condivisa.

La conseguenza è che la sponsorizzazione tradizionale, pur continuando a essere utile, ha perso la capacità di creare relazioni durature. Parla di brand, ma non di persone. Offre visibilità, ma non genera valore condiviso. È un modello che si ferma alla superficie, mentre le realtà sportive di quartiere – oggi più che mai – hanno bisogno di costruire alleanze di senso, capaci di rafforzare il legame sociale che le rende parte viva della comunità.

Welfare partnership, agire per il valore condiviso

Se pensiamo a come lo sport può accrescere il valore delle persone che lo praticano, comprendiamo che il sostegno alla pratica sportiva può offrire un grande vantaggio individuale che, sommato a quello di tutti i praticanti, si riflette in modo esponenziale sull’intera comunità. Diventa quindi una questione di attenzione e di racconto. Proviamo a ragionare su come costruire una nuova narrazione del supporto allo sport di comunità. Riflettiamo sulla dimensione che può assumere il sostegno economico da parte dei privati nella crescita del valore delle persone che popolano il territorio.
Ecco alcuni elementi per ampliare il ragionamento:

  • Prima di essere atleta, ogni praticante è cittadino. Ogni persona che fa sport è più di un atleta, e il beneficio della sua pratica – in termini di benessere e di valore sociale – ricade positivamente sulla comunità. Una comunità che si muove è in salute, ambisce al benessere, al dinamismo, alla proattività.
  • Gli ambienti sportivi sono luoghi del territorio e possono dialogare in modo osmotico con le altre attività di comunità, siano esse socio-ricreative o di carattere commerciale. Un movimento sportivo può quindi contribuire al raggiungimento di obiettivi sociali cari alla comunità e a tutto il tessuto socioeconomico, inclusi gli esercizi commerciali e le aziende.
  • Lo sport può diventare un mezzo per vivere il territorio e la comunità: la sua pratica può orientare i cittadini ad attivarsi in una duplice dimensione, sportiva e sociale. Ogni percorso di inclusione e coesione può contare sullo sport di comunità come strumento concreto.

In quest’ottica, possiamo facilmente individuare connessioni tra il contributo di un ente o di un’azienda e i benefici concreti e differenziati che ricadono direttamente su persone e comunità. Da qui nasce l’idea di nominare “Welfare Partner” il privato che sceglie di supportare economicamente le nostre azioni di sport sociale: un’etichetta che, di per sé, orienta il sostegno verso il valore generato per le persone.

Cosa distingue un Welfare Partner

Non tutti possono essere un Welfare Partner. Questa affermazione nasce dalla consapevolezza che, per diventarlo, sono necessari pre-requisiti profondi di attenzione e sensibilità verso il valore sociale. Le aziende e le realtà private, al pari delle persone che le guidano, non operano solo in base a logiche economiche, ma anche secondo visioni e valori. Diventare Welfare Partner significa proprio questo: riconoscersi nella missione, nella causa sociale e nei principi che animano un progetto di sport sociale. Quando questa sintonia di valori è autentica, la collaborazione può generare un impatto reale e condiviso.

Per questo motivo, la ricerca dei Welfare Partner non è un’attività commerciale, ma un processo di riconoscimento reciproco. È un lavoro di ascolto, di confronto e di allineamento. Serve a individuare quei soggetti che sentono di poter camminare accanto al progetto sportivo, contribuendo non solo con risorse economiche ma anche con la propria visione e responsabilità sociale.

Una volta costruita questa base valoriale, si può dare forma alla relazione in modo consapevole e duraturo. Ecco alcuni elementi chiave per coltivare una buona partnership di welfare:

  • Creare un dialogo aperto: condividere gli obiettivi di rilevanza sociale, portando il partner a bordo fin dalle prime fasi di co-design del progetto e degli impatti attesi.
  • Co-progettare le attività: coinvolgere il partner nella definizione di alcune azioni o momenti del percorso sportivo, così da costruire insieme esperienze significative e coerenti con i valori comuni.
  • Definire indicatori di impatto sociale: stabilire con chiarezza quali risultati si vogliono raggiungere, concordando indicatori di benessere, inclusione e partecipazione che rendano tangibile il valore generato.
  • Pensare in una prospettiva di medio-lungo periodo: impostare la relazione come un cammino condiviso, che vada oltre il mero contributo economico e diventi un percorso di crescita reciproca tra impresa e comunità.

Essere Welfare Partner significa quindi entrare in una relazione di corresponsabilità: agire insieme per generare valore diffuso, innescando processi di benessere, coesione e sviluppo sociale attraverso lo sport.

Welfare Partner e Innovatore Sportivo

Accogliere e orientare un partner privato verso la creazione di valore sociale attraverso lo sport è pratica di innovazione sportiva. Questo processo richiede attenzioni e competenze specifiche, originali rispetto alla storia dello sport dilettantistico. È una delle skill chiave che un Innovatore Sportivo può sviluppare.

L’Innovatore Sportivo diventa il tramite tra progetti di sport sociale e realtà private: a lui il compito di trasmettere una visione chiara e una nuova modalità di vivere il sostegno allo Sport Welfare.

Ecco alcuni spunti per lavorare su di sé e potenziare le competenze necessarie:

  • Consapevolezza personale: definire con precisione i propri valori e quelli del progetto, per allineare identità, scelte e azioni.
  • Storytelling di valore: esercitarsi nel raccontare in modo semplice e incisivo il valore che il progetto genera per persone e comunità.
  • Networking territoriale: partecipare ad incontri e momenti di confronto con le realtà locali, così da inserire il progetto in una rete più ampia e dargli respiro territoriale.
  • Mappatura dei partner: individuare e contattare potenziali Welfare Partner che presentano affinità con missione, obiettivi e impatti attesi.
  • Curare le relazioni: creare occasioni di incontro e dialogo. Darsi tempo, evitare richieste immediate e porre al centro il valore che i progetti di sport sociale portano ai soggetti coinvolti. Attivare percorsi di conoscenza graduale orientati a relazioni durature.

Verso un ecosistema di Sport Welfare

L’invito per l’Innovatore Sportivo è quello di alzare lo sguardo e osservare il più ampio network di relazioni che può generarsi intorno alla sua azione di sport sociale. Ogni progetto, se coltivato con costanza e coerenza, può diventare un punto di attrazione per una rete di soggetti locali — pubblici e privati — che condividono lo stesso interesse per il benessere delle persone e della comunità.

Scuole, enti del Terzo Settore, amministrazioni locali, imprese, associazioni di quartiere: sono tutti potenziali alleati in un percorso di co-progettazione sociale che può amplificare il valore delle iniziative sportive. Lavorare in questa prospettiva permette di offrire al Welfare Partner un valore aggiunto concreto: la possibilità di entrare in un contesto vitale, connesso, ricco di relazioni autentiche e di impatto territoriale.

Il network diventa così un valore in sé, e l’Innovatore Sportivo il suo tramite naturale: colui che mette in relazione, che ascolta, che traduce linguaggi diversi in un obiettivo comune. Un ponte tra mondi che spesso non dialogano — sportivo, sociale, educativo, imprenditoriale — ma che insieme possono generare un benessere condiviso e duraturo.

Per questo amo definirlo un vero e proprio ecosistema di Sport Welfare: un sistema vivo di relazioni interdipendenti, dove ogni attore contribuisce alla crescita dell’altro. Come in natura, anche questo ecosistema è delicato e prezioso: necessita di cura, di equilibrio e di continua rigenerazione. Ed è proprio qui che entra in gioco l’Innovatore Sportivo — la figura che, con competenza, visione e sensibilità, si prende cura del tessuto relazionale che dà vita al cambiamento.

Conclusioni e compiti a casa

“Costruire partnership di welfare significa pensare lo sport come bene comune. È una sfida per chi vuole gestire lo sport, non solo praticarlo.”

Mentre scrivo questi articoli, rivivo le immagini del mio fare quotidiano. Mi immedesimo nelle azioni da cui traggo gli elementi da raccontare, e ogni volta ritrovo una conferma: la pratica è ciò che trasforma le idee in esperienza, la teoria in competenza, l’intenzione in valore concreto.

Come sanno bene i lettori che mi seguono, credo profondamente che la crescita professionale nasca dal fare consapevole. Mettersi in azione, sperimentare, confrontarsi con le persone e i contesti reali: è lì che ogni intuizione trova la sua forma, ed è lì che l’Innovatore Sportivo costruisce la propria identità.

Per questo, se senti di voler approfondire e trasformare in esperienza pratica i concetti di questo articolo, ti invito a conoscere lo Stage di Pratica – Coach di Quartiere. È il percorso in cui accompagno chi desidera diventare Innovatore Sportivo, aiutandolo a tradurre visione e conoscenza in azione concreta sul territorio.

Scopri qui la pagina di approfondimento — troverai anche la data della prossima presentazione live dello Stage di Pratica.

Spero di incontrarti lì, o di leggere nei commenti le tue riflessioni sul tema delle welfare partnership: ogni confronto arricchisce questo percorso comune verso un ecosistema di Sport Welfare sempre più consapevole e generativo.

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