Nell’articolo di qualche settimana fa ho parlato di alcune figure professionali esistenti che possono avere un ruolo rilevante nell’ambito “Sport & Terzo Settore”. Tra queste il “facilitatore territoriale”, una sorta di community manager con approccio sociale.
Riprendo l’introduzione: figura territoriale di raccordo, relazionale che si interfaccia per conto di un ente no profit locale con stakeholder e beneficiari con l’obiettivo di dare anima alle relazioni quotidiane per dimensionare bisogni e risposte progettuali. Figura di matrice educativa con attitudine pratica, orientato al fare.
Funge da ponte per realizzare l’atto peculiare del no-profit, quello che io reputo realmente rilevante che è l’intervento minuzioso, di fino, verso i beneficiari, con gli stakeholder territoriali, con i partner…
Aiuta l’ente a esserci in modo valido, a professionalizzare la presenza per creare valore al territorio. Attraverso il Facilitatore territoriale l’ente no-profit può diventare rilevante nei confronti degli interlocutori. Fornisce loro informazioni e servizi che nessuno avrebbe tempo, modo e risorse per svolgere.
All’interno del Coach di Quartiere stiamo costruendo queste funzioni sul ruolo del PlayMaker:
- giovane laureato o laureando in tematiche affini al progetto (socio sportive)
- funge da raccordo e coordinamento con i volontari, in questo senso si occupa di tutto ciò che concerne il reclutamento, l’organizzazione della formazione, l’animazione del gruppo durante l’anno, l’organizzazione dei turni per le attività…
- è il front Man del progetto con gli interlocutori locali, scuole elementari, cooperative sociali, altri portatori di interesse. Con loro mette in atto quanto concordato per poter coinvolgere i beneficiari
- si relaziona con i beneficiari e ci aiuta a profilarli relativamente ai bisogni e alle caratteristiche soggettive
Estraggo dall’esperienza del playmaker di Coach di Quartiere alcuni elementi da riportare su eventuali altre tipologie di Facilitatore territoriale:
- E’ una figura professionale, quindi presuppone un accordo di compenso economico
- Lo paga l’ente no-profit che realizza localmente il progetto
- Se il progetto lo richiede può avere degli orari ma, in generale è rilevante dargli la possibilità di auto organizzarsi per il raggiungimento dei suoi obiettivi
- Le modalità di ingaggio possono avere una natura di diverso tipo: prestazioni occasionali, contratto part-time a chiamata, accordo forfettario regolamentato secondo le opportunità fiscali dell’ente, formula mista in appoggio anche ad una partita iva individuale del collaboratore
- Si può prevedere un ingresso e crescita a step sopratutto su progetti nuovi o di prima applicazione.
- E’ necessario csotruire da subito una cultura della sua formazione e quindi prevedere attività di formazione interna ed esterna
Relativamente al facilitatore, qualche riflessione e consiglio per lui
- Può essere una grande opportunità e possibilità per creare valore sul proprio territorio di pertinenza
- Può far evolvere la propria figura abbracciando un concetto più ampio di azione e aggiungendo competenze e mansioni al ruolo fino ad arrivare a contribuire lui per primo alla crescita del progetto, del proprio ente e della propria dimensione professionale.
- Può essere lui il motore se ha un’idea e proporre il proprio progetto ad un ente no-profit territoriale… da playmaker ad Innovatore Sportivo il passo è piccolo…
Per approfondimenti, considerazioni e domande ti aspetto nei commenti qui sotto.