Oggi voglio dare voce ad un pensiero discretamente ricorrente del mio percorso professionale. E’ sicuramente legato al fatto che ho sempre lavorato in proprio e, nel tempo, ho avuto modo di vedere la stessa e medesima modalità in altre persone, soprattutto leader di organizzazioni no-profit.
La racconto e riporto i miei spunti così poi eventualmente mi dici riflessioni ed ulteriori consigli.
Capita spesso, se non sempre, soprattutto nei primi approcci al mondo professionale del 3° settore, che il primo interlocutore per avviare un percorso sia il commercialista. Per me lo è stato, per tanti altri miei conoscenti e amici anche, oggi in molti sono in attesa della parola sacra di un commercialista che interpreti le riforme e emani le linee di azione per operare.
Spesso se capita qualche intoppo nel percorso di conduzione dell’ente ce la prendiamo con lui: “mi ha consigliato male”… “è incompetente”… “questo non è il suo campo”… fino ad arrivare a parole più pesanti.
Il medesimo approccio avviene ora che siamo nel bel mezzo di una importante riforma sia dello sport che del terzo settore. Chiediamo a “lui” cosa fare o ci aspettiamo che sia direttamente “lui” a darci le istruzioni vincenti.
Premetto che ritengo fondamentale essere supportati dal miglior professionista in materia che possiamo avere con noi, ma risulta necessario inserire la sua figura e le sue competenze nel punto temporale corretto dello sviluppo manageriale di un singolo progetto e/o di un’organizzazione sia profit che non-profit.
La mia riflessione
le riforme arrivano a disciplinare un cambiamento già in atto da tempo, sono postume.
Servono a regolamentare qualcosa che, sulla base di esigenze, bisogni, considerazioni, osservazioni, è già in atto. Sono funzionali a supportare l’andamento e lo sviluppo di un determinato settore o movimento.
Il mio approccio
ecco come ragiono e come mi comporto relativamente alle considerazioni descritte sopra.
- Resto fermo. Ovvero cerco di tenere centrale la mia idea, il mio progetto: è quella la mia direzione da percorrere. Difficilmente l’input della strada da intraprendere può arrivare dall’esterno, da un commercialista o in reazione ad una riforma. Quindi la tempesta esterna è uno stimolo a mantenere centratura sul mio personale percorso progettuale.
- Comprendo e conosco il cambiamento: continuo a consolidare la mia idea di questo cambiamento. Intendo che una riforma è una cosa ampia, grande, quindi sparcellizzo e vado sui messaggi rilevanti per me, per il mio progetto o la mia quotidianità lavorativa e mi costruisco le prime risposte.
- Pratico con quello che ho. Intanto inizio, con il tempo, nel consolidare la mia idea di cambiamento, attraverso le informazioni che ottengo dal mio progetto capisco e, in seguito, strutturo.
- Flessibilità. la scelta di strutturazione può dover essere cambiata, più di una volta, anche in relazione all’evoluzione mia e dell’ambiente di riferimento. Una decisione di strutturazione presa oggi può dover essere ridiscussa domani. L’importante è perseguire sempre lo scopo nella direzione desiderata quindi che le scelte siano funzionali a quello.
- Stilo i pro e contro e poi scelgo. Difficilmente una riforma è totalmente calzante per il mio sviluppo progettuale e proprio in questa valuto quanto un professionista di supporto fa al caso mio. Avere un partner professionale che sappia descriverti lo scenario di opzioni, mettere sul piatto tutte le opportunità di scelta e interpretarle insieme è rilevante! E’ in questo che vedo il valore di un professionista adeguato per noi. Poi tocca a noi, ad un certo punto, scegliere.
Se hai spunti o riflessioni scrivile nei commenti, scrivimi se vuoi approfondimenti più specifici sui punti