Tra i ricordi più vivi del mio praticare sport da bambino c’è la sensazione di famiglia che si viveva trascorrendo il tempo nei momenti sociali con allenatori, genitori, dirigenti. I ritrovi pre partita e pre gara, i viaggi in macchina con i compagni, le pizzate di squadra. Tra le immagini più colorate e vive c’è quella che ritrae la grande quantità di persone che, a vario titolo, trascorreva tempo nella società sportiva, si occupava di piccole mansioni a titolo volontario. Un volto e un nome per ognuno, da chi stava al bar a chi si occupava delle pulizie a chi guidava il pulmino, la segretaria e i tanti genitori che saltuariamente a rotazione si coinvolgevano in qualche mansione.
Erano gli anni 80 e il contesto sociale era differente da quello odierno, nel percorso di innovazione sociale c’è da chiedersi come sia possibile oggi provvedere al funzionamento di una società sportiva e come è possibile prevedere il contributo volontario delle persone.
Solo successivamente mi porrei la questione di come occuparsi del loro reclutamento.
Una buona domanda da porsi è se, un sodalizio che sia sportivo e no, nel 2023 possa ancore prevedere la presenza di volontari. A mio parere la risposta si trova all’interno di come è costruito il modello di funzionamento dell’associazione, iniziando dai fondatori. Qual’è il motivo per cui la creano e come pensano di poterla sostenere ed alimentare.
Se nel costruire questa risposta si intravede la grande necessità di dedicare tempo al progetto, è necessario chiedersi se, questo tempo, vorrà essere retribuito/rimborsato, oppure dovrà essere esclusivamente su base volontaria.
Nella maggior parte dei casi si arriva ad una risposta di tipo misto, alcune mansioni dovranno inevitabilmente essere di tipo professionale, altre potranno essere su base volontaria.
Dalla pratica, dal campo, ho estratto questi primi elementi di riflessione
- MOTIVAZIONE: ciò che fa agire ognuno di noi è differente, può risultare più complesso seguire la motivazione di ogni singolo mentre più progettuale, gestibile e “promuovibile”, teorizzare e massimizzare i principi che possono fungere da motivazione comune per agire verso lo scopo da perseguire.
- CONSAPEVOLEZZA: io che mi trovo a progettare il funzionamento del mio sodalizio divento conscio dei motivi per cui ricerco collaborazione. Posso cercare competenze, supporto per risparmiare uscite economiche, collaborazione per una causa, etc…
- CURA e NUTRIMENTO: la relazione con i volontari richiede cura, attenzione e nutrimento, quindi tempo di dedizione, di pensiero, di progetto, soprattutto se nel modello di funzionamento ipotizziamo che parte della collaborazione necessaria debba avvenire su base volontaria.
- FORMAZIONE/COMPETENZA/
ORIENTAMENTO: penso che, diversamente dall’immagine descritta all’inizio, una grande differenza tra gli anni 80 ed oggi sia la necessità/possibilità di formare ed orientare i volontari. Molti hanno bisogno di dare un orientamento alla loro pulsione emotiva che li porta a volersi mettere in gioco. Tale formazione alle volte è indispensabile per mansioni più specifiche, di supporto per attività più generaliste. Anche nel secondo caso, però può rappresentare un valore, un motivo in più da scambiare e mettere in campo.
Se ti può interessare, su questo tema sto praticando un’azione test all’interno di “Coach di Quartiere”. Siccome ho raccolto molte manifestazioni di interesse da parte di amici, colleghi, conoscenti e sconosciuti, ho deciso di promuovere la possibilità di diventare “ANGEL di Coach di Quartiere”, se vuoi approfondire trovi a questo link la pagina con tutti i contenuti:
https://coachdiquartiere.it/angel/
Se invece hai domande o vuoi condividere alcune tue riflessioni su quanto scritto nell’articolo puoi farlo nei commenti.