Ti esprimo un mio punto di vista sul cambiamento in atto e, se vuoi, nei commenti mi dici cosa pensi così da confrontarci e creare uno scambio utile…
Anni fa si viveva…
… la sensazione che il fare sport fosse vincolato all’appartenenza ad una società sportiva. Se tu, bambino, giovane o adulto, NON eri tesserato ad una società sportiva eri un NON-Sportivo o, quanto meno, uno sportivo di serie B. Le attività prevalenti delle associazioni sportive erano di carattere addestrativo: preparavano persone, creavano gruppi e squadre sportive per competizioni più o meno rilevanti.
Questo in pieno accordo con il riferimento istituzionale unico il CONI: preparare atleti per i giochi olimpici.
Poi il cambiamento sociale ha acceso nuovi bisogni, pensiamo, ad esempio, come l’invecchiamento della popolazione abbia influenzato la nascita di tutte quelle attività per la 3° età. Molte associazioni sportive ne hanno fatto il loro cavallo di battaglia. Corsi per anziani che, in gran parte, contribuiscono a sostenere i costi per le attività sportive prevalenti: la preparazione di squadre e di atleti per campionai agonistici.
Con la medesima logica, ovvero quella del cambiamento sociale, si arriva ai giorni nostri in cui ci troviamo con esigenze di welfare interamente mutate.
La nostra società ha nuovi e attuali bisogni.
La mia personale visione è che lo sport con tutto il suo sistema fatto da associazioni, società, palestre, impianti sportivi, possa (per essere più sincero io sono per il “debba”) attrezzarsi per offrire le sue risposte. In questo modo potrà sfruttare a pieno il suo potenziale che, oltre a preparare sportivamente, è funzionale ad un benessere più generale e più rilevante ed è maggiormente affine ad un benessere che ha a che fare con il welfare.
In questo modo lo sport può giocare una nuova partita in un campionato che oggi è legittimato da una riforma che consente anche di “… scambiare beni e servizi” per perseguire il proprio scopo sociale. Si tratta della riforma del terzo settore che apre al professionismo e quindi a tutte quelle logiche professionali che consentono la possibilità di carriere, occupazione, imprenditoria.
Leggo in questo un’opportunità…
per uscire finalmente da un confine depotenziante che era quello del mero addestramento sportivo. Da sempre si dice che i bambini e giovani, soprattutto, debbano praticare sport perchè “… fa bene”. Oggi progettandolo come strumento di terzo settore possiamo ampliare e dettagliare questo concetto di “bene” e creare progetti con obiettivi che impattino nel medio lungo periodo della vita di persone e comunità.
Scenari Auspicabili:
Se hai avuto modo di seguire gli ultimi miei interventi dal vivo mi avrai già sentito raccontare alcuni degli scenari auspicabili. Un futuro ricco e realmente potenziato dal punto di vista sportivo-sociale necessita di un presente con professionisti specializzati o specializzandi in questa particolare dimensione manageriale.
Una professionalità che afferisce a proprie attitudini ed orientamenti ma è interamente e ottimamente “costruibile” e orientabile. Si può partire dal proprio vissuto formativo, esperienziale e passionale, per formarsi verso la direzione dell’innovazione sportiva. Con calma, pazienza e perseveranza potremo iniziare ad essere rilevanti nella progettazione sportiva di terzo settore.
Un buon primo passo può essere quello del conoscere tramite letture, corsi, appuntamenti, film… immergersi per sviluppare un proprio mindest di “Sport & Terzo Settore”
Scrivimi nei commenti le tue riflessioni e aiutami a condividere la cultura dell’Innovazione Sportiva; se ti è piaciuto condividi l’articolo…